All’epoca, il Brunello di Montalcino aveva appena cominciato a conquistare fama e prestigio, che oggi sono fatti accettati (ma non era affatto così 35 anni fa), eppure, anche in tempi del genere il fondatore si rese conto che il segreto del successo era riposto in una qualità continua nel tempo e in un’affidabilità costante e indiscutibile.
E, di conseguenza, prese la decisione pionieristica per il periodo: quella di impegnare un promettente giovane winemaker consulente che lo aiutasse nella sfera prettamente enologica dell’attività.
La scelta fu vincente: Attilio Pagli, che sarebbe diventato uno dei più illustri enologi della Toscana, da questa proprietà iniziale andò poi a lavorare non solo in molte altre regioni d’Italia ma anche in tutto il mondo.
Simone Biliorsi supervisiona l’attività della casa, dimostrando grande talento, sia in cantina che in vigna, aiutato nell’attività agricola dall’agronomo Folco Giovanni Bencini.
La viticoltura, sin dal 2005, è biologica, un aspetto in cui questa famiglia era al quanto in anticipo sui tempi (e, cosa più importante, ben avanti alla maggior parte degli altri della zona).
Le vigne si possono dividere in due blocchi: uno, vicino alla casa della famiglia, con un’esposizione est-sudest, e i vini che esprimono fragranza e finezza, l’altro, a Castelnuovo dell’Abate nella parte meridionale del territorio, dove la produzione è più concentrata e strutturata. L’attenta mescolanza dei due componenti rendono questo un classico Brunello, cosa che vale anche per l’affinamento, rigorosamente in botti di rovere. Alto il livello del Brunello di Montalcino, superiore la Riserva.