Ma questa è la storia del Brunello di Montalcino, creato dai Biondi Santi pressoché dal nulla – essendo questa parte della Toscana nota, per tradizione, per il suo Moscadello, un vino dolce da dessert – quale vino di potenza, intensità e struttura, idoneo per un lunghissimo periodo di affinamento, il più grande Sangiovese fra tutti, che, diversamente dai vari cugini o parenti più o meno lontani, non ha mai avuto bisogno di essere tagliato con altre uve.
Maestoso, autorevole, nobile e distinto, questo è un Sangiovese completamente e inequivocabilmente autosufficiente.
I fatti da riportare sono ben noti: l’opera pionieristica di Clementi Santi che, nel 1869, aveva già vinto un premio per ”vino rosso scelto (brunello) del 1865”, i primi vini prodotti da Ferruccio Biondi Santi nel 1888 e 1891, entrambi Brunello Riserva, l’impegno continuo nella zona e nel vino da parte di Tancredi Biondi Santi, considerato, fino alla morte nel 1970, uno dei maggiori enologi italiani, molto ricercato come consulente in ogni parte d’Italia, oltre che nel suo paese natio.
Fu il lavoro di Tancredi Biondi Santi e del figlio Franco che, dopo la seconda guerra mondiale, consolidò la fama e il prestigio del Brunello di Montalcino della famiglia, trasformandolo in uno dei vini d’Italia più conosciuti e costosi, un simbolo dell’eccellenza italiana, ricercata e apprezzata da Tokyo a San Francisco e da Perth a Parigi.
Jacopo Biondi Santi, che ha ereditato l’amore della famiglia per il vino e la terra natale, continua oggi, con gratitudine e passione, questa grande tradizione.